Buzzoni
Sabato 8 luglio 2023
Buzzoni
Quando arriviamo al rifugio Buzzoni, poco prima delle 11, non ci sono che poche persone. Sia i tavoli all'interno che quelli sul terazzo sono già tutti dotati di un numero segna posto e di buste contenenti posate e tovagliolo appoggiate su tovagliette di carta, coloratissime, con la reclame dell'associazione dei rifugi di Lombardia. Prenotato il pranzo ci sediamo sulle panchine che sono sul breve tratto di prato lì sotto. A portarci la birra è uno dei ragazzi del rifugio. A quell'ora lo può ancora fare.
Un papà tiene per mano il suo bambino che cammina sul tavolone comune. Dice che ha un anno e mezzo d'età. L'ha portato in spalla fin lì, ma è l'ultima estate. La prossima, se mai ci sarà, chi volesse andare per rifugi lo farà con le proprie gambe. Si siede un tale che si presenta come Piergiulio, Pier per gli amici, ci dice di Antonio, il rifugista del Buzzoni che fu travolto dalla neve il 6 febbraio 2010, come si legge sulla targa che è inchiodata lì, all'edicola che guarda la val Sassina, al paese di Pasturo, alle Grigne incombenti. Lo stesso Pier, esperto di questi luoghi, ci segnala il rifugio Ombrega in val Varrone. Vi si accede dall'alpe di Pallio presso Casargo. Non lo conosco, dico io. L'aggiungo alla lunga lista.
Saputo dell'itinerario che abbiamo seguito per arrivare fin qui, ci indica l'accesso del sentiero che porta a Barzio. Questo, sia io che Corrado l'abbiamo già percorso, qualche anno fa, almeno per il tratto che porta fino al posto dei faggi secolari. E' ripidissimo, sassoso, richiede molta cautela. Vi è parecchio dislivello da qui al paese, circa 800 metri. Mah, forse è meglio, dico ai miei, stavolta, tornare sui nostri passi di stamattina.
Alle 12 si mangia: ci portano dei piattoni coi pizzoccheri e risotto coi funghi. Poi una porzione di polenta e formaggi che è così abbondante da bastare a tutti noi tre. Tutto buonissimo.
Scrivo la data, il luogo e i nomi dei partecipanti alla gita di oggi sul retro della tovaglietta che ho usato. La piego e la ripongo nello zaino. A casa ho un posto riservato a questi piccoli trofei.
Intanto sono arrivati altri escursionisti. C'è coda, adesso, al bancone, gli addetti sono tutti di corsa. Corrado reca i vuoti della birra, inciampa, non si fa del male ma due bicchieri vanno in pezzi.
Pagati 15 euro, ciascuno, per il pranzo, le bevande e il caffè, alle 13 e 25 lasciamo il rifugio Buzzoni.
Alle 15 arriviamo ai Piani di Bobbio, presso la stazione a monte dell'impianto funiviario che li collega a Barzio. Non c'è nessuno che scenda dalle cabine in arrivo, né nessuno che salga su quelle in partenza. L'operatore addetto ci invita a mettere la museruola al cane che è con noi, anche se non ci sono altri passeggeri, per evitare, dice, che qualcuno, alla stazione a valle, abbia da ridire sull'infrazione al regolamento.
Il viaggio sospesi non dura che 10 minuti. Dall'alto si vede che meno di un terzo dei posti auto disponibili sono occupati.
Anche stamattina, verso le 9, quando siamo arrivati noi, molti posti erano liberi. Anni fa, ci ricordiamo tutti, un sabato di metà luglio, qui, si sarebbe fatta fatica ad entrare. Oggi, alla biglietteria, oltre a noi, nessuno. L'andata e il ritorno costano 15 euro per ogni persona. Il cane non paga il viaggio ma occorre dotarlo di museruola che però non abbiamo. La compriamo per 6 euro, ma la riponiamo in tasca.
Troviamo i Piani di Bobbio non del tutto spopolati, i bar sono aperti, anche se con pochi avventori ai tavolini. E' questo un luogo nel quale sono stati costruiti, progressivamente, negli anni passati, parecchi edifici, attrezzature, impianti all'inseguimento degli affari derivanti dal successo dello sci da discesa che tuttavia si è interrotto da almeno un decennio.
Con un poco di attenzione è possibile cogliere qualche traccia della storia del luogo. Io non posso non notare il grosso edificio, dall'architettura démodé, che raggiunsi, insieme ad alcuni amici del CAI di allora, salendo a piedi da Barzio quando ancora, qui, non arrivava nessun impianto a fune. Non ci fermammo a questo rifugio, dedicato, nel 1950, quando venne inaugurato, a Vittorio Ratti, alpinista e partigiano, perché ci recammo al rifugio Lecco, che è nei pressi dello Zuccone Campelli, dove passammo la notte.
Devo dire che gli escursionisti, in questi Piani di Bobbio, sono trattati bene. I cartelli, molti e ripetuti, danno le indicazioni essenziali per i tantissimi percorsi possibili.
Al rifugio Buzzoni porta un sentiero pulito, largo e ampio, dai dislivelli minimi senza che accosti dei passaggi vertiginosi. E' tanto largo da consentire di camminare affiancati, il che agevola la conversazione. E' tanto facile, nella bella stagione, col bel tempo, che i genitori ci vengono coi bambini, anche molto piccoli.
Portare con noi un cane non ha comportato alcun inconveniente. Lara l'ha spesso lasciato andare ma all'occorrenza l'ha potuto riprendere con facilità.
Bastano pochi passi per uscire dal villaggio che fa capo alla stazione della funivia. Attraversato un tratto di prato popolato dalle mucche, si entra in un bosco fitto di giovani faggi. Qui intravvediamo dei caprioli. Alla bocchetta il sentiero prosegue, in bella salita stavolta, per il rifugio Grassi. A destra si vede la Valtorta con il punto di partenza della seggiovia che arriva fin quassù. Svoltando a sinistra si scende, ma solo di poco, fino al rifugio Buzzoni.
Mario Usuelli
Insieme a me, hanno partecipato alla gita Lara Matteoli, Corrado Caprio, il cane Nara