Casino
Mercoledì 19 aprile 2023
Casino
Oggi s'è svolta, da parte del Cral dell'ospedale di Vimercate, un' iniziativa d'alto livello culturale.
Infatti siamo andati a visitare il Casino di caccia, ad Oreno, guidati, niente meno, che dal conte Alessandro Borromeo, proprietario del complesso monumentale composto dal parco, dalla villa e dalle relative pertinenze, nel quale il Casino stesso è inserito.
Il Casino è una stanza, dalle dimensioni relativamente contenute, che si trova al primo piano di uno degli edifici della corte, dove, presumibilmente, si ritrovavano i partecipanti alle battute di caccia che si svolgevano nei terreni d'intorno.
Gli affreschi, che decorano tutte le pareti, furono coperti, forse nel Seicento, da uno spesso strato di calce quando si pensava che ciò avrebbe contribuito a disinfettare gli ambienti dai fattori di contagio della peste. La presenza dei dipinti fu avvertita da Giancarlo Borromeo, nonno di Alessandro, solo nel 1927.
In quegli anni la sistemazione della corte rustica era stata affidata a Peppino Bagatti Valsecchi, noto per il suo interesse per lo stile in voga nel Quattrocento. Tuttavia egli fece pochi interventi in quella direzione sicché oggi, nella corte, di 'falsi' quattrocenteschi costruiti nel Novecento non vi è che la vasca della fontanella e poco più.
Il nostro accompagnatore ci fa notare, posta nello stesso cortile, presso l'inizio delle scale, una lastra in terracotta raffigurante una 'Madonna' , opera dei fratelli Dossena di Canzo, che copiavano i modi dei Della Robbia di Siena.
Al momento della scoperta nulla si sapeva degli affreschi: non vi è firma di autore, che è rimasto sconosciuto. Né vi è alcuna data che indichi l'epoca dell'opera. Tuttavia a questo sarà posto rimedio negli anni successivi.
Spicca, quale indizio utile alla comprensione di queste opere, lo stemma di famiglia dei Della Padella, cui viene attribuito essere stati i committenti del ciclo pittorico.
Si sa, invece, dagli atti notarili, che Paolo Della Padella, nel 1544, vendette la proprietà a Erasmo d'Adda. E' pure documentato che, nel 1612, Isabella d'Adda, nel matrimonio con Carlo Borromeo, portò in dote i possedimenti di Oreno.
Tra coloro che hanno dedicato interesse agli affreschi del Casino di caccia Borromeo si deve annoverare Fernanda Wittgens che scrisse il testo della relativa voce che compare sull'enciclopedia Treccani.
Fernanda Wittgens, nata nel 1903, morta nel 1957, fu una importante storica e critica d'arte che diresse, per un certo periodo, anche la Pinacoteca di Brera a Milano. Svolse, negli anni terribili della guerra, un ruolo essenziale per salvare dalle razzie dei tedeschi e dai bombardamenti di inglesi e americani, le opere d'arte presenti nei musei milanesi. Aiutò a nascondersi e a fuggire diverse persone perseguitate.
Nel 1993, a cura del Circolo culturale orenese e del Comitato permanente della Sagra, venne pubblicato un breve saggio di Paola Venturelli intitolato "Il lusso della moda signorile lombarda alla metà del Quattrocento: il Casino di caccia Borromeo di Oreno". Descritti e analizzati i vestiti, i tessuti, gli ornamenti, le acconciature e i gioielli esibiti dalle dame e dai cavalieri rappresentati, tenuto particolare conto del mutare delle mode, Paola Venturelli ha dimostrato che l'epoca di esecuzione dei dipinti si deve collocare tra il 1450 e il 1470.
Altri eruditi, ciascuno nella propria disciplina, hanno portato dei contributi.
Il rapace che spaventa un nugolo di uccelli, tutti di specie ancora presenti in Brianza, è stato individuato essere un astore femmina. Invece quello esibito in posa sul braccio alzato dal signore a cavallo dev'essere un falco pellegrino.
Tutti gli alberi sono stati dipinti in modo tale che di ciascuno si intenda la specie. Si riconoscono, in particolare noccioli, meli, melograni, querce...
Diversa, invece, è la rappresentazione degli orsi. Si direbbe che il pittore non ne abbia mai veduti tanto li ha dipinti goffi e improbabili. Questo vale sia per quello affrontato dai contadini che cercano di respingerlo lanciandogli contro dei sassi, sia quello inseguito dai cani e dal cacciatore armato di picca.
Vi è anche un buffo cucciolo di orso, tra le braccia della gran dama dalla fronte rasata per mostrarla spaziosa, la cintura alta al seno, le maniche foderate di pelliccia, dei gioielli al collo e ai polsi.
Di particolare interesse è la scena che si svolge davanti ad un arco, fatto di rami, che il rampicante clematis vitalba ha ricoperto. Poco sopra, faticosamente, su un cartiglio si legge, in francese antico, qualcosa come "Parlate piano e non rivelate i segreti"
Dovrebbe essere l'ingresso di un castello di verzura o, forse, di un labirinto costituito da siepi. Una signora, la mano sinistra alzata, la destra appoggiata al grembo, si rivolge a qualcuno la cui figura è andata perduta. Resta solamente il mantello, dal quale spunta un cagnolino, di colui che si immagina sia inginocchiato. Vi è poi un'altra signora, rivolta ai due, con il dito indice levato come per dire "io so di voi", "io so della vostra relazione".
Tutto questo assume senso se è corretta l'interpretazione secondo la quale si tratterebbe di un episodio del poema "La castellana di Vergy" dove si narra della storia d'amore tra un cavaliere, al servizio del Duca di Borgogna, e, appunto, la castellana di Vergy. La relazione, illecita a ragione delle convenzioni e dei rapporti sociali di quell'epoca, si svolgeva in segreto. Tuttavia la Duchessa, innamorata dello stesso cavaliere, scoperta la tresca, ammonisce i due amanti, e li minaccia, li ricatta. E' questo episodio della vicenda che è stato rappresentato nel dipinto del Casino di caccia di Oreno
Seguono suicidi, omicidi, fosche vendette, pentimenti ed espiazioni. "La castellana di Vergy", venne scritto, in versi, intorno al 1250, in Francia, da un autore sconosciuto. Il testo contiene già tutti gli elementi, tipici dell'amor cortese, che verranno valorizzati per molti decenni successivi fino ad arrivare, tra gli altri, tre secoli dopo, a "Romeo e Giulietta" di Shakespeare: l'idillio segreto, la gioia d'amore, l'elemento perturbante, il distacco degli amanti, il tradimento, gli equivoci e la morte.
Questa storia, al tempo in cui furono eseguiti gli affreschi nel Casino di caccia di Oreno, era conosciuta, di certo, sia dai committenti che dai loro ospiti. Deve essere stata parte del complesso delle nozioni comuni tra gli appartenenti alle classi dominanti lombarde influenzate dalla cultura proveniente dalla Francia.
L'ampiezza dell'area di penetrazione della cultura d'oltralpe, fu tale che in una fascia decorativa in affresco, dipinta nella camera nuziale che si trova nel palazzo Davizzi Davanzati a Firenze, sono rappresentati diversi episodi tratti dalla medesima leggenda medievale della Castellana di Vergy.
Molti altri spunti di carattere erudito potrebbero essere colti da quanto vi è in questa stanza. Tuttavia è ora di spostarci in quella attigua.
Qui trofei di caccia testimoniano le passioni degli antenati mentre disegni, carte e rappresentazioni, mostrano le trasformazioni che, negli anni, hanno interessato il sistema viario, i giardini, i parchi e le ville di Oreno compresa quella dove ci troviamo.
Il nostro interlocutore, che aveva accolta la comitiva, puntuale, alle 11,30 all'ingresso della corte, dove ci aveva fatto notare i basamenti di torri ormai abbassate, ci riporta, ora, da basso seguendo una stretta, ripida, scala in legno.
Ci mostra un ampio capanno dal soffitto sorretto da grosse travi di legno, alla stessa maniera dei solai degli ambienti che abbiamo percorsi.
Tra le attrezzature agricole, ormai desuete, in bella mostra, risaltano un carretto e alcuni erpici, di fogge diverse, ma ciascuno a traino animale.
Tutti gli spazi che vediamo, sia coperti che all'aperto, sono a disposizione per chiunque intenda affittarli per svolgervi feste in occasione di matrimoni o altri eventi collettivi.
Infine, aggirata la villa Borromeo, attraversiamo lo spazio che la separa dai primi alberi del parco che, con le foglie recenti e l'erba nuova, è magnifico in questa mattinata fresca e soleggiata.
Usciamo poco dopo le 12,30
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Il pranzo, presso il ristorante Antica Riva, che si trova nella piazza centrale della stessa Oreno, è apprezzato da tutti, così come l'ottimo servizio e il piacevole ambiente che ha favorito la convivialità. Questo a fronte del prezzo, onestissimo, di 12 euro.
Mario Usuelli
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Oltre a me, hanno visitato il Casino di caccia Borromeo di Oreno:
Giovanna Confalonieri;
Luciano Corno;
Marco Crippa;
Matilde Dossi;
Graziella Colombo;
Carmen Corti;
Meris Corti;
Cesare Giani;
Santina Gritti;
Alda Magni;
Maria Morelli;
Ambrogio Rovelli;
Bruno Salvioni;
Vittorio Stancanelli;
Pasquale Vizzari.
Ambrogio Rovelli ha proposto la visita e ha preso accordi con il conte Borromeo.
L'organizzazione generale è stata curata da Giovanna Confalonieri.
Le fotografie sono merito di Graziella Colombo.