Castagneto
Giovedì 29 Ottobre 2020
Castagneto
Decido, insieme a tre amici, di tornare a vedere il grande bosco di castagni di Rezzago e la Cassina Enco che è posta là nel mezzo. Approfittiamo del fatto che sia ancora possibile muoversi in auto. Temiamo che, nel tentativo di rallentare la diffusione dell'epidemia, tra pochi giorni sarà impedito di muoversi liberamente. Nessuno sa per quanto tempo. Alle 10:30 parcheggiamo nei pressi del santuario di Campoè, poi proseguiamo a piedi. La strada è un poco fangosa e in diversi punti attraversata da rigagnoli d'acqua. All'inizio è ricoperta da foglie di faggio, poi, più avanti, da quelle di castagno. Gli alberi sono grandi e antichi, distanziati tra loro con una studiata regolarità. Non vi è sottobosco, quindi questo è, tra i tronchi e sotto le chiome delle piante, un luogo aperto in una maniera che, da quasi ogni punto, si vede la profondità del bosco e la valle coi suoi paesi, Sormano, Caglio, Rezzago. Poi, a fare da sfondo, i Corni di Canzo, le Grigne e il Resegone. C'è una bella luce, buona per le fotografie. Infatti vi sono almeno un paio di signori, muniti di apparecchi, di tipo professionale, che ne approfittano. Incontriamo pochi altri. Un cartello, con l'insegna del Comune, avverte che ciascuna persona è autorizzata a raccogliere non più di cinque chili di castagne. Telefono alla Cassina Enco, utilizzando i due numeri che conosco, per prenotare il pranzo ma non risponde nessuno. Quando siamo là, la signora Cristina, si affaccia alla finestra del piano di sopra. Dice: va bene se preparo il risotto coi funghi? A mezzogiorno. Ci saranno anche altre due persone. All'ora indicata io sono là pronto, invece i miei amici che si sono dispersi a raccattar castagne, arrivano mezz'ora dopo. Poco male. Il risotto è di quelli buoni ma sulla tavola ci sono anche altri piatti non prenotati, com'è consuetudine qui. Zampone e mortadella di fegato, tòcchi di pancetta, zucchine in agrodolce, cubetti di formaggio. Datemi un attimo che preparo delle frittelle di mele, dice la cuoca, affacciandosi dalla cucina. Arrivano prestissimo, grandi, calde, buonissime. Le porzioni sono decisamente abbondanti: quanto non consumato subito lo portiamo via. Dispiacerà alle galline. Paghiamo, € 20,oo a testa, prima che la signora se ne vada, in auto, a prendere il figlio minore, Emanuele, che è stato a scuola. In tanto ha chiamato il maggiore, Alessandro, che, interrotta la didattica a distanza, ci prepara il caffè. Saputo da sua madre che vorrebbe comprare una moto, gli chiedo quale è il suo modello preferito. La KTM 125, mi dice. Osservo che si tratta di una motocicletta famosa già quando ero giovane io. Infatti - ho controllato - la prima versione della serie venne messa in commercio nel 1973. Per un giovanotto che vive in una casa isolata, un mezzo in grado di percorrere anche le strade sterrate in qualsiasi condizione di tempo, è un bene essenziale. La signora Cristina torna presto, tanto che noi e gli altri avventori siamo ancora a tavola. Ci dice che sua madre, Giacomina, quella che Elio Matteoli fotografò intenta al camino, col tegame in mano, tra fuoco di legna e faville, in un'immagine famosa nella nostra compagnia, non c'è più. Questo l'avevo saputo. Ora le sue ceneri sono nell'orto da dove prendeva le erbe aromatiche che, strette in un bel mazzetto, più volte ci diede al momento della partenza. Ci dice anche che le ceneri di Giancarlo Maffei, che prediligeva la Cassina Enco tra i suoi luoghi del cuore, sono poste alla Crocetta, non lontano da qui, e che spesso dal CAI di Vimercate, qualcuno passa di là. Questo non lo sapevo. Si ricorda anche di quel primario dell'ospedale della stessa Vimercate che ha ospitato più volte. Dice di salutarlo. Si riferisce a Elio al quale trasmetto subito un messaggio telefonico. Torneremo lì, mi risponde lui, se si potrà, in primavera. Sono le 14:30, l'enorme masso erratico, sorretto, non saprei dire come, da una colonna di terra dall'aspetto friabile, incoerente e sassoso, non è lontano dalla Cassina Enco. Per arrivarci vicino occorre scendere lungo un sentiero collocato su un crinale che divide i valloni scavati da due torrenti che corrono paralleli. L'imbocco del passaggio, che è ben segnalato, è sul bordo dell'altopiano ondulato dove si è sviluppato il castagneto. E' ripido ma non difficile, ci sono gradini e una staccionata pressoché continua. Dopo avere fotografato, come si usa, in molti modi, la bizzarra formazione geologica, decidiamo di proseguire. È indicato che la via conduce fino alla chiesetta Valle dei Morti, alla periferia di Rezzago. Ma decidiamo di tornare indietro prima di arrivare fin là. Mentre piano piano ci dirigiamo al parcheggio tiriamo su qualche altra castagna. Ma sono poche e piccole quelle che si trovano. Forse la stagione buona è già terminata, forse molti raccoglitori sono passati di qui prima di noi. Nelle poche radure sono stati piantati giovani alberi di castagno, protetti da recinti di rete metallica. Siamo alla macchina alle 16:15. A casa, da dove eravamo partiti alle ore 09:00, arriviamo alle 17:45. Pesate, le castagne raccolte da tutti noi quattro, risultano essere poco più di due chili e mezzo.
Mario Usuelli.
Insieme a me hanno partecipato alla gita: Carmen Corti; Michela Lorenzon e PierLuigi Mora.