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Crespi

Crespi 

Mario   Usuelli

Mercoledì 12 ottobre 2022


Crespi


Cogliamo, per visitare Crespi, una giornata particolarmente favorevole. Dell'autunno vi sono soltanto alcuni accenni, la temperatura è piacevole, non è prevista alcuna pioggia, il paese è popolato ma non affollato. Le scolaresche, forse tre o quattro, che percorrono il nostro stesso itinerario, sono composte da ragazzi, vivaci ma non chiassosi, guidati da insegnanti discreti.   Bene.

Per il nostro gruppo l'appuntamento è presso il parcheggio di fianco alla chiesa tra le 9,30 e le 10. 

Lo spunto per questa gita venne quando, conversando al CRAL di Vimercate, Giovanna, da poco tornata da una vacanza in Portogallo, che pure ha avuto modo di visitare diversi luoghi lontani, disse di non essere mai stata al villaggio operaio di Crespi d'Adda.

Non è stato difficile concordare il giorno durante il quale effettuare l'escursione.

Io, che mi ero preso da subito l'incarico di narrare le principali vicende di Crespi, mi sono preparato per bene rileggendo "Villaggi operai in Italia. La val Padana e Crespi d'Adda", scritto da diversi autori, che comprai e lessi nel 1981 quando l'editore Einaudi lo pubblicò. Ho anche tenuto conto di altre pubblicazioni, meno corpose ma più recenti, compreso un opuscolo prestatomi da Angelo Stucchi.

Ho quindi raccontato ai colleghi che erano là dell'epopea della rivoluzione industriale, della lana, della seta, del cotone, dell'energia prelevata dai torrenti inizialmente in modo diretto poi mediante l'elettricità. Poi delle innovazioni tecnologiche, le fabbriche, le condizioni degli operai, delle iniziative degli imprenditori, dell'ideologia dei padroni delle tessiture. Infine dei Crespi, Cristoforo il fondatore del villaggio e i suoi figli, Silvio, in particolare ma anche Daniele, che si impegnarono nel tentativo di costruire un piccolo mondo separato da tutti gli altri mondi che lo circondavano fintanto che questi ultimi sopraffecero il primo.   

Del nostro gruppo di dieci persone alcune di queste erano del tutto nuove al luogo e alle questioni connesse. Altre, invece, preparatissime, si sono, probabilmente un poco annoiate a starmi a sentire. E' difficile trovare, in questi casi, il registro giusto. 

Forse sono stato troppo lungo nell'esposizione. Del resto c'era moltissimo da dire e mi pareva di avere poco tempo a disposizione. Forse ho abbandonato troppo spesso il tema principale, cioè il villaggio Crespi, per accennare al contesto politico, ideologico, economico e sociale entro il quale lo stesso nacque, si sviluppò e morì. Tuttavia mi pareva fosse interessante farvi cenno. 

Mi è stato fatto notare di avere sbagliato ad indicare l'epoca della messa in funzione degli alternatori elettrici presso la centrale alimentata dal canale derivato dall'Adda. Dopo aver verificato, prendo atto dell'esattezza dell'osservazione.

Siamo saliti, quindi, sul rilievo dove, presso la villa del medico e quella del curato, vi è una sorta di pedana belvedere.  Alternandoci con i ragazzi delle scuole che scorrazzavano allegri tutt'intorno, ci è stato possibile osservare il villaggio nella sua interezza. Si notano, di lassù, i palazzotti, quelli che furono costruiti per primi. Poi le casette singole destinate agli operai. Quindi, più in fondo, le ville riservate ai dirigenti. Al di là del viale, vi è la fabbrica. Là in fondo, il cimitero.

Scendendo verifichiamo che la chiesa non è ancora stata aperta. L'avremmo quindi visitata al ritorno. Passiamo, allora davanti all'edificio che ospitò le scuole, che ora è la sede della Pro loco. Osserviamo il monumento a Cristoforo Crespi e quello, poco discosto, dedicato ai caduti della guerra. Davanti all'imponente ingresso della fabbrica facciamo la foto di gruppo. Qualcuno, osservando l'altissima ciminiera che è presso la centrale termica, fa notare che la parte più alta è un poco storta. Da parte mia suggerisco di osservare quante volte, nelle strutture del villaggio, si ripeta la forma dell'esagono. Lo si trova alla base delle due ciminiere, nella pianta della chiesa, nelle decorazioni fatte di mattoni poste al colmo dei capannoni. Che si tratti di simboli massonici ? 

Il cimitero esprime nella maniera più esplicita la concezione rigidamente gerarchica e paternalistica che guidò la famiglia Crespi nel realizzare la fabbrica, il villaggio e la loro conduzione. Ha ragione chi ha notato che le croci delle sepolture degli operai, poste alla base dell'esorbitante tomba dei padroni, tutte uguali come sono, paiono quelle dei cimiteri di guerra. Di fatto, per molti aspetti, la condizione dei soldati e quella degli operai, ambedue vincolati e obbligati, non si discosta di molto.

Torniamo facendo un giro largo per osservare le ville riservate ai dirigenti. Qui l'area è più verde, i giardini vasti e assai curati, le case grandi e molto belle. 

Per il pranzo ci fermiamo in via Manzoni, nella stessa Crespi, presso un ristorante che, seguendo una stucchevole moda, si chiama, all'inglese, "In Factory Lab". Nonostante tale premessa ci troviamo abbastanza bene spendendo piuttosto poco.

Sei del gruppo, concluso il pranzo, se vanno. Noi quattro rimanenti (Matilde, Carmen, Graziella ed io) ci avviamo verso Concesa. Passiamo vicino alla residenza a forma di castello dei Crespi che vorremmo vedere bene e fotografare. Ma è chiusa da un muro alto e quasi nascosta dalla vegetazione. 

Attraversiamo i canali e l'Adda utilizzando la passerella pedonale. Visitiamo il santuario dove l'immagine della Madonna del latte è posta sull'altare principale. Concordiamo tuttavia nel ritenere più interessante il quadro della Madonna dei barcaioli, coloro che si spingevano sulle pericolose acque del Naviglio, fino a Milano, che è custodita presso la sacrestia della medesima chiesa. 


Mario Usuelli.



Oltre a me hanno partecipato alla gita:  Giovanna Confalonieri;  Martina Confalonieri;  Graziella Colombo;  Carmen Corti; Matilde Dossi;  Cesare Giani; Meris Corti; Ambrogio Rovelli; Angelo Stucchi. 

Le fotografie sono di Graziella Colombo.

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