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Frana

Frana

Mario   Usuelli

Lunedì 28 ottobre 2023


Ad alcuni corrispondenti trasmetto degli appunti di qualche anno fa quando con un amico, che non c'è più, mi recai a Savogno uno di quei posti che al FAI chiamerebbero "luogo del cuore"

 

Saluti. Mario Usuelli.



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Martedì 4 settembre 2018


Frana


E' sempre piacevole, per me, tornare a Savogno che è uno di quelli che al FAI chiamerebbero "luogo del cuore". Vado sù, stavolta, seguendo il percorso che affianca il salto principale della cascata e consente di osservarla proprio da vicino.

La segnaletica è nuova, i gradini artificiali e le scale di metallo sono in buone condizioni ma i fili di protezione, dove hanno ceduto, non sono stati sostituiti. Il fondo è asciutto, la temperatura gradevole, il cielo sereno: non ci sono difficoltà di sorta. Partiamo un po' troppo veloci, questo sì, allora rallentiamo quanto basta.
 Manco da Savogno da più di un anno. Quando a gestire il rifugio c'era la famiglia Stucchi - Luigi, Ornella, Alessandro - ci venivo relativamente spesso. Ho anche dormito là più volte. Ora loro, che sono originali di Bellusco, sono tornati in pianura: hanno aperto un ristorante di buona qualità a Trezzo sull'Adda.

Arriviamo, io e il mio compagno di sentieri, Innocente Misani, già alle 11,20.

E' presto per il pranzo. Ho più di un'ora per esplorare il minuscolo villaggio disabitato da oltre vent'anni e fare qualche fotografia. Il bosco che era stato tagliato intorno alla scuola del paese, l'edificio. che ospita il rifugio, sta ricrescendo. Ci sono mucche e asini nei prati delimitati da fili elettrificati, pochi piccoli orti e galline. Qualcuna delle case, quelle messe a posto per farci le vacanze, hanno i gerani alle finestre. La vista su Chiavenna e Piuro, cinquecento metri in basso, è magnifica. Il palazzo Vertemate-Franchi a Prosto di Piuro, che ho visitato la settimana passata, non si vede essendo nascosto da una piega della montagna. Là ci sono dei dipinti che descrivono la micidiale frana del 1618.

La cooperativa ENAL, prossima alla stazione della teleferica, è aperta. Ma per quali clienti? In tutto incontro una ventina di persone, spesso a coppie. Tre ragazze che parlano tedesco sono sedute, intente ai loro panini sotto un tiglio fiorito, presso il monumento a Luigi Gonella che fu parroco, qui, tra il 1867 e il 1875. Un cartiglio sul campanile porta la data 1485. La chiesa, dedicata ai santi Antonio abate e Bernardino da Siena, reca sul muro una targa per ciascuna delle grandi guerre del Novecento: 1940-1945, un morto e cinque dispersi; 1915-1918, cinque caduti. Chi ha tramato quelle guerre ha rubato vite anche qui.

La 'Casa parrocchiale' al civico 48 è quella della quale si narra nell'epopea delle maestre al tempo nel quale bisognava alfabetizzare l'Italia e Savogno era ancora abitato. L'incaricata, giovanissima, appena diplomata, aveva preso un treno, poi un altro e un altro ancora. Quindi la corriera e la mulattiera. Dopo tanto aveva chiesto ai contadini dove fosse il paese. Più sù, più sù.  Arrivata col buio, in giro nessuno, bussò, appunto alla 'Casa parrocchiale'. Il curato s'affacciò, non la fece salire ( i parrocchiani avrebbero potuto pensare male ! ) ma le gettò una chiave. Dentro l'uscio un'altra scala e una stanza con un letto. Allora poté lasciarsi andare e pianse.

Non ho notizie su come andò, con la scuola, nei giorni e nei mesi successivi.


Il paese, dalle vie strettissime, è fatto di sassi, archi di sassi, case, scalini, muri di sassi. Le fontanelle frequenti e freschissime. Vi è anche un affresco con personaggi che non so individuare.  C'è un senso di ordinato, di pulito sia per le poche case riassestate che le molte abbandonate.

Il cimitero, un rettangolo nel prato grande quanto un fazzoletto, è delimitato da un muro basso; il tetto del lavatoio ripara alcune vecchie gerle e altri utensili desueti.


Alle 12,30 sono pronti gli gnocchetti di Chiavenna seguiti da un tagliere di formaggi locali. Buoni sia gli uni che gli altri.

A pranzo presso il rifugio siamo solo noi due.
Veniamo via dal rifugio alle 13,40. Non scenderemo dalla via delle cascate che è adatta alla sola salita. Imbocchiamo invece la mulattiera che inizia dal piazzale della chiesa. Questa mulattiera desta la mia ammirazione ogni volta che la percorro. Costruita con pietre abilmente collocate, tuttora in perfette condizioni, è una meraviglia della civiltà della montagna che è durata ben più del paese che doveva servire.

Dov'è una cappella della Madonna, vi è uno slargo nel bosco che consente un ampio sguardo sulla valle. I tre tabelloni, messi bassi, un poco inclinati, non c'erano l'anno passato. L'uno descrive Piuro com'era prima della frana. L'altro dà conto, con un disegno della frana scesa dalla montagna che abbiamo di fronte, la quale seppellì tutto l'abitato in un attimo. Il terzo mostra la zona archeologica odierna dell'antica Piuro e la collocazione di Borgonuovo il villaggio costruito successivamente alla catastrofe. 
 Che fosse successo quattrocento anni fa l'avevo a mente almeno dalla visita al palazzo Vertemate-Franchi. Ma che l'anniversario fosse il 4 di settembre, cioè proprio oggi, lo scopro adesso. Ma guarda un po'.

Sono le 14,30 quando passiamo da i "stal di ronch" dov'è la grande fontana che getta la sua acqua in due grandi vasche una delle quali, protetta da un arco ribassato di pietra, porta la data del 1869. Da qui, in piano, si accede a una successione di depositi, fienili e altri edifici ad uso agricolo fino a quello dove è collocato un grande torchio che era utilizzato da tutta la comunità.

Arriviamo all'auto, che avevamo lasciata presso le cascate dell' Acqua Fraggia, alle 15. Lì c'è anche una fresca, opportuna, fontanella.
Siamo a casa alle 17 senza incontrare difficoltà di sorta lungo il percorso.


Mario Usuelli

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