GERLI
Martedì 24 agosto 2020
Gerli
Penso che meglio di così, i gestori del rifugio Gerli Porro, non avrebbero potuto fare. Per segnalare i percorsi separati tra gli avventori che vi accedono e quelli che escono, come prevedono le norme adottate per tentare di contenere il morbo pandemico, hanno utilizzato, come fossero piccoli panni colorati distesi ad asciugare, file di bandiere di preghiera nepalesi. Il colpo d'occhio è perfetto. Questo rifugio, che è posto a 2.000 metri di altitudine, si affaccia su un vallone scabro e sassoso, delineato da cime assai alte, come il pizzo Cassandra o la punta Rachele, che non sono mai stato tanto ardimentoso da tentare di salirvi. Poi, oltre quelle vette, sui dirupi del monte Disgrazia sono posti i bivacchi Oggioni a 3.151 metri e Taveggia a 2.845 metri. Li cito perché diversi cartelli posti sia sul sentiero che presso il rifugio Gerli Porro avvertono che sono inagibili a causa dell'emergenza sanitaria che, essendo generalizzata, si spinge fin lassù.
Il ghiacciaio si è ritirato ancora. Di questo si accorgono solo coloro che sanno esattamente dove si trova e hanno a mente com'era esteso negli anni addietro. Il ghiaccio vecchio e consolidato è un po' grigio e più scuro della neve recente che lo affianca e in parte lo ricopre.
Siamo su poco prima di mezzogiorno. La signora alla quale avevo telefonato ieri ha preparato tre posti ben protetti da un ombrellone. Non ci sono molte persone ma alcuni arriveranno più tardi. Abbandoniamo ogni velleità di dirigerci verso il ghiacciaio, o di salire al lago Pirola oppure, come facemmo l'anno passato, di recarci sul pianoro dove vivono dei larici millenari.
Da Chiareggio, dove abbiamo lasciata la macchina, abbiamo impiegato, oggi, quasi un'ora e mezza per salire, pian piano, fin quassù. Ai tempi del campeggio della 'Giovane montagna' di Ornago, in val Sissone, abbiamo provato a metterci venti minuti. Ma era quarant'anni fa.
Ci allontaniamo dal rifugio solo quanto ci basta per fotografarlo inquadrato nello sfondo delle montagne. Non andiamo nemmeno a rivedere il rifugio Ventina o la cappella dedicata agli alpinisti caduti ai tempi eroici dell'esplorazione delle Alpi che, pure, sono lì a dieci minuti. Siamo pronti per il pranzo alle 12,40. Polenta taragna, funghi e salsiccia per me; pizzoccheri per Innocente; polenta e cervo per Giovanni. Poi birra e caffè. Ottimo. In tutto paghiamo € 61,60.
Nel frattempo sono giunte altre persone, tanto da occupare tutti i tavoli all'aperto mentre quelli all'interno del rifugio restano vuoti.
Giovanni incontra un signore che fa parte del FAI, il Fondo Ambiente Italiano, come lui, del resto. Quello, insieme ai suoi amici, passerà la notte al rifugio e per la mattina seguente hanno in programma la salita al lago Pirola che richiede almeno un paio d'ore. E' così che si dovrebbe fare.
A scendere facciamo relativamente presto. Non siamo propensi a conversare come abbiamo fatto in salita. Davanti, oltre la valle, vi è il passo del Muretto, ancora carico di neve. Alla mia sinistra, alto, c'è il rifugio Del Grande Camerini ma non riesco ad individuarlo. Quante volte sono stato qui? Vengono alla mente le escursioni fatte, chi c'era, chi c'è stato e chi non c'è più.
Alle 15:00 siamo già intenti a toglierci gli zaini e gli scarponi per riporli nell'auto. Il parcheggio ricavato su una sponda del torrente Mallero è enorme, le macchine che sono ferme lì, adesso, sono proprio poche. Una collana di grossi sassi, tra loro distanziati, delimita lo spazio lungo il corso d'acqua, oggi tranquillo, ma famoso e temuto per le sue sfuriate. Anni fa una sua piena fece danni gravi fino alla città di Sondrio. Se saranno ancora là, quei sassi tutti in fila, tra mille anni, renderanno perplessi gli archeologi che vorranno attribuire loro arcani significati. Non facciamo fermate sulla strada del ritorno, nemmeno a san Giuseppe dove sostammo stamattina per la colazione fatta di caffè e di una tortina troppo dolce che il venditore vantava fatta dalla propria moglie. All'uscita dal locale, Innocente ci indicò il rifugio Longoni, posto altissimo sopra uno sperone da dove si domina l'intera valle. E' stato come un segnale.
Da quel momento siamo entrati con pensieri, con l'atteggiamento e con i discorsi, nella disposizione d'animo propria della montagna. Abbiamo intuito che sarebbe stata una magnifica giornata.
Mario Usuelli.
Oltre a me hanno partecipato alla gita: Giovanni Pennati e Innocente Misani.