Mario
Sabato 26 ottobre 2020
Mario
Mi sono recato presso la libreria "Il Gabbiano" alla presentazione del libro di Mario Curnis senza sapere niente di lui. Nemmeno l'avevo mai sentito nominare. Ciò che è un demerito solo mio.
Lui ha condiviso ascensioni con gli alpinisti maggiori del suo tempo come i Cassin, i Bonatti e i Messner; ha partecipato a spedizioni himalayane, di quelle in grande stile, e ad altre, in Patagonia e sulle Ande, talvolta finanziate da sé.
Ho trovato un vecchio, per l'anagrafe, essendo nato nel 1936, e per l'aspetto, con tanto di lunga barba bianca, oltre che un saggio per ciò che ha narrato, e come, della sua vicenda personale.
Questa è la sintesi che ho cercato di fare, delle risposte, sempre molto brevi, alle molte domande poste da Giorgio Vicenzi che ha condotto l'intervista per conto della libreria.
Mario Curnis ha più volte affermato, nel corso della serata, di essere stato un uomo felice, di essere un uomo felice. Per quello che è stato, per quello che è.
Indicando per prima, tra i motivi di felicità, la baita dove vive.
Là non ci si arriva con una strada asfaltata ma solo a piedi su un percorso che è in decisa salita. Là è bello vedere gli alberi, che ha piantati lui stesso, essere diventati così alti. Guardi fuori, il mattino, e ci sono le volpi e i caprioli. La sera vi è buio, silenzio e nessuno in giro. Ma durante la giornata sono molti ad andarlo a trovare. E' certo un poco scomoda questa baita ma è un presupposto della felicità.
Gli chiedo dove si trovi tale luogo meraviglioso. Lui mi dà anche l'indirizzo: via san Vito 35, a Nembro. Passerò di là, uno dei prossimi giorni.
Ho netta l'impressione che Mario Curnis tenga a marcare le differenze, a stabilire una sorta di scala d'importanza esistenziale, tra le esperienze che hanno marcato la sua vita. Lui, che è stato uno dei più forti scalatori italiani del Novecento, non mette l'alpinismo al primo posto.
Sostiene che se parti sapendo quello che andrai a fare, con i compagni giusti, con l'attrezzatura adatta, non sarà mai, quella che vivrai, quell'esperienza estrema della quale dicono alcuni.
La fame, invece sì che lo è. Ha sempre qui, negli occhi, la faccia di suo padre, che non aveva di che da dare da mangiare a sufficienza ai figli bambini, quando passava agli altri a tavola, la sua scodella, restando lui senza mangiare. Questo ti resta in mente, questo ti segna tutta la vita. Ciò avveniva, con frequenza, per tutta la durata della guerra ma ancora negli anni Cinquanta, quando, e la guerra era finita da un pezzo, per mangiare i ragazzi della sua famiglia andavano a rubare le castagne.
E' stato un periodo di particolare subalternità alla religione che induceva alla soppressione di qualsiasi iniziativa intesa al miglioramento della propria condizione economica e sociale. Era impedito anche ogni approccio culturale diverso da quello dominante. I curati, dall'alto del loro ruolo privilegiato, erano compiacenti nei confronti dei ricchi del paese ma sprezzanti coi poveri, che facevano sentire sempre in colpa, per qualsiasi cosa. A ciò servivano le messe, le visite al cimitero, le confessioni a cadenza settimanale.
Staccarsi da quell'ambiente, per andare in montagna, almeno la domenica, pur osteggiati, faceva tirare un po' il fiato.
Suo padre teneva un diario. Annotò, con una grafia minutissima, i fatti e i pensieri di molti anni in diversi quaderni. Tuttavia in un momento di furore li distrusse quasi tutti gettandoli nel fuoco. Anche lui, Mario, tiene un diario da sempre. E' consapevole di non essere né un letterato né un calligrafo. Scrive come sa e va bene così, non ha sensi di inferiorità con alcuno. I suoi diari li tiene da conto, non li butterà via. Qualcuno gli ha suggerito di conferirli all'Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano di Arezzo. Il libro che sta presentando è un estratto dei diari.
La paura è un sentimento del tutto naturale che ti prende quando non sei all'altezza di una situazione, quando ti fai prendere impreparato. Bisogna scegliere con attenzione i compagni di un'ascensione, tanto più se difficile. Si deve essere il più possibile omogenei, non ci deve essere uno troppo forte rispetto all'altro, né essere troppo diversi di età e di mentalità. Uno solo deve decidere. Questi deve essere preparato, coerente, affidabile e meritare il rispetto dei compagni.
L'approccio alle salite più difficili deve essere graduale. Non si deve improvvisare nulla, occorre documentarsi accuratamente e sapere di sé stessi cosa si sa fare e quanto.
Gli alpinisti solitari sono morti quasi tutti. Per dire solo di uno, Cesare Casarotto, che aveva compiuto imprese memorabili, alcune delle quali probabilmente irripetibili da parte di chiunque altro, che cadde in un crepaccio del K2 e vi morì il 16 luglio 1986.
Oggi gli alpinisti sono dotati di telefono così possono chiamare a casa tutte le sere. Sentono anche i bambini che piangono. E' una cosa bella di per sé ma che distrae dall'obiettivo della spedizione. Una volta si partiva e fin che non si tornava non era possibile avere alcun contatto. Si stava via anche due o tre mesi. Gli capitò di partire proprio quando la moglie era in procinto di partorire e di tornare quando il bambino era ormai grandicello.
Quando sei in parete devi avere la mente libera per poterti concentrare. Non puoi essere partito sbattendo la porta di casa. Se ti devi portare dietro i mugugni e le incomprensioni di parenti e familiari, lascia perdere. Non venire nemmeno via se hai il tempo contato. La fretta di rispettare orari o date è una delle cause di incidenti.
Mario Curnis ammette che senza la piena collaborazione della moglie, Rosanna Giudici, non avrebbe potuto realizzare gran che. E gliene rende pienamente merito davanti a tutti, lei presente.
Forse perché non ha considerato bene il pensiero del personaggio che ha di fronte, o forse soltanto per punzecchiarlo, anche se non ve ne sarebbe proprio bisogno, l'intervistatore chiede a Mario Curnis se, sulle montagne più alte, abbia mai percepito la presenza di Dio.
La risposta che viene è elegante quanto sintetica.
In montagna non si sta tanto a contemplare quello che chiamano il creato dato che non serve a niente. Se ti fa sentire bene prega. Per cortesia, sotto una tenda, prima di un'ascensione difficile, gli è anche capitato di recitare più volte il rosario insieme a un tale. Poi gli ha detto: meglio metterci a dormire che, più riposati, domattina, ci aiuteremo da soli.
L'aldilà non esiste, siamo tutti nell'aldiquà. Di ciò che conta non sappiamo nulla.
Non ha niente contro le religioni in sè. Quando ha fatto l'imprenditore ha riparato anche chiese e campanili. E' un bel lavoro. Non di quelli che non sai dove va quello che fai. In una certa misura puoi scegliere tra ciò che ti propongono di fare. Poi, anche dopo anni, ogni volta che passi vicino a un edificio che hai costruito o che hai riparato, ne sei orgoglioso.
Quanto ai soldi bisogna distinguere. Per sé stessi bastano quelli per vivere mentre non ha alcun senso volere la macchina più lunga o l'ultimo modello di telefono. Per l'imprenditore i soldi acquistano un senso diverso: ci sono gli operai da pagare, i materiali e i macchinari da procurare.
Per finanziare una spedizione bisognava mettere da parte una bella somma equivalente cioè a quella occorrente, pressappoco, per comprare un appartamento. Se avesse fatte scelte di vita diverse adesso possederebbe un condominio? Ma quale sarebbe il suo valore sul conto della felicità?
Qualcuno, tra i presenti, chiede se non abbia mai fruito dell'aiuto di finanziatori privati.
Giammai, risponde Mario Curtis, costoro ti condizionano in quello che fai e ti inducono all'imprudenza per cercare di ottenere risultati vistosi.
Nel 1973 partecipò alla spedizione sull'Everest organizzata - e in buona parte finanziata - da Guido Monzino. Ancora adesso è scandalizzato dagli sprechi colossali indotti da un dispiegamento di mezzi di carattere quasi militare. Strideva il confronto con la miseria estrema della popolazione il cui ambito si andava ad occupare. Facilmente, e a poco prezzo, si trovavano persone del luogo disposte a portare colli fino ai campi di alta quota. Tra queste anche donne con bambini piccoli al seguito. A loro, talvolta, veniva ridotto il carico da trasportare.
Alla quota di oltre 7.000 metri, Mario Curnis litigò con Guido Monzino e lo mandò al diavolo. Mi piacerebbe sapere quali termini abbia utilizzato. Allora questi lo rimandò indietro sicché quello non poté arrivare in vetta Oppure avvenne il contrario? Non l'ho inteso da come la vicenda è stata narrata nella conferenza.
Comunque si sia svolta la particolare vicenda individuale, è certo che durante quella spedizione diverse cordate erano pronte, e in grado, di completare la scalata. Quando le prime due raggiunsero la vetta dell'Everest, Guido Monzino considerò realizzato l'obiettivo della spedizione che dirigeva. Così a una terza e una quarta cordata, pur prossime alla meta, fu ordinato di scendere, anche per ridurre i rischi, elevatissimi lassù, di incidenti. Mario Curnis era legato a una di quelle cui fu imposta la rinuncia.
Certo è che l'episodio non poté mai essere lasciato cadere nell'oblio dall'interessato.
Ancora adesso Mario Curnis sostiene che Guido Monzino usasse comandare in maniera arrogante come sogliono fare i ricchi e che dire questo lo farà rivoltare nella sua tomba nella ghiacciaia della villa del Balbianello.
Il fallimento della sua impresa edile comportò, per Mario Curnis, una marcata crisi esistenziale oltre che economica. A questa si aggiunse l'insorgere di una malattia molto grave. Si ritrovò così a non possedere più nulla proprio nel mentre doveva dedicarsi alle cure.
Un momento particolarmente difficile della vita. Di quelli in cui si deve resistere, non mollare, provare a ripartire.
In vetta all'Everest, Mario Curnis, ci salì, finalmente, nel 2002, insieme a Simone Moro. Ma dopo quasi trent'anni, lassù, molto era cambiato. La via per l'Everest era ormai tutta attrezzata e diventata - quasi - solo un fatto commerciale. Pur considerando tutte le grosse difficoltà e i gravi pericoli che devono comunque affrontare gli alpinisti odierni, l'ascensione epica di un tempo era già da un pezzo un argomento per gli storici.
Mario Usuelli.
Mario Curnis "Diciotto castagne. La montagna, il bosco, la felicità" - Rizzoli, 2022