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Morterone

Morterone 

Mario   Usuelli

Giovedì 5 novembre 2020


Morterone


Abbiamo deciso di effettuare la gita in tarda serata, ieri sera, quando s'è saputo che il Governo aveva rinviato a Venerdì il blocco degli spostamenti nell'ambito delle iniziative mirate al contenimento della pandemia virale. Per approfittare di un'opportunità, che non ci sarà più per chissà quanto tempo, scegliamo tra alcune proposte della provincia di Lecco. scovate da Pierluigi trafficando con le sue apparecchiature telematiche. Il "Sentiero dei grandi alberi" di Morterone sembra corrispondere alla nostra bisogna. Partiamo alle 09:00, in quattro, con una sola auto. Incontriamo poco traffico fino all'imbocco della Valsassina (SS 36), poi, quasi nessun veicolo sul contorto ed esposto tratto di 15 Km. tra Ballabio e Morterone dove è prudente accostare ogni volta che si incrocia qualche mezzo che viaggia in senso opposto o per lasciare sorpassare, come facciamo con due gipponi, quelli guidati da chi va più veloce. Presso la forcella di Olino, all'uscita della breve galleria, sono parcheggiate le auto di chi ha scelto di salire in vetta al Resegone percorrendo il sentiero che inizia da lì. Saranno una decina. Alle 10:45 prendiamo un caffè presso la "Trattoria dei cacciatori". I due gipponi che ci avevano sorpassati sono parcheggiati davanti mentre gli uomini che li occupavano sono seduti ad un tavolo all'interno. Prenotiamo il pranzo. All'uomo che prende nota dell'ordinazione chiediamo informazioni sul percorso che vorremmo fare. Dice che è ben segnalato e che non saremmo stati di ritorno prima delle 14, che comunque la loro cucina è sempre aperta. Quante volte mi sono fermato, presso questo locale, l'unico del paese, con diverse compagnie, prima di proseguire in auto fino alla piazzola dell'elicottero da dove ci si muove, a piedi, se si va verso la vetta del Resegone, non lo so. Tante, comunque. Oggi, invece, niente cime, è il momento di visitare questo paese dai pochi abitanti e dalle molte frazioni. La chiesa, dal grande pronao e il municipio, chiusi entrambi, sono posti l'uno di fronte all'altro. Poco oltre vi è una sorta di edicola o piccola cappella, con indicato il 1920 come l'anno di costruzione. I morti elencati sono alcuni tra gli uomini di questo villaggio che furono obbligati a fare la Grande guerra, come tutti i soldati semplici dell'epoca, con la violenza e il ricatto. Sono dodici e tutti, tranne uno, portano lo stesso cognome, Invernizzi. Non sono indicati, invece, coloro che tornarono dal fronte invalidi nel corpo e rovinati nella mente e nell'animo, né le vedove e gli orfani. Se consideriamo che con il censimento del 1921 si contarono 142 abitanti stabili nel paese, si può avere un'idea, seppure vaga, della catastrofe indotta, qui, e per estensione, nell'Italia intera, dalle mire di una classe dominante sciagurata. Tra il 1915 e il 1918 furono uccisi in guerra circa la metà degli uomini giovani di Morterone.

In uno slargo prossimo ai variegati impianti sportivi c'è, collocato di recente dalle Poste, un apparecchio che consente di effettuare in autonomia diverse operazioni di carattere bancario. Questo nasconde, quasi del tutto, un tabellone con una cartina dei luoghi, che consultiamo senza che si riesca a capire bene il percorso da seguire. Abbiamo, tuttavia, con noi una cartina predisposta dall'Ente regionale delle foreste ma le indicazioni che riporta privilegiano il monte Resegone.   La cartina dettagliata di Mortarone l'avremmo ricevuta dalla signora della Trattoria dei cacciatori al termine della gita. 

Imbocchiamo una strada sterrata, buona per gli automezzi più robusti, seguendo l'indicazione per Frasnida, il cui nome è posto da solo, su un cartello in evidenza. Sappiamo, di quella frazione, che è dichiarata 'nucleo storico monumentale'. Altri cartelli raggruppano, invece, i nomi di altre quattro o cinque frazioni che, supponiamo, perciò, essere ritenute meno rilevanti. Le frazioni sono composte da poche case, talvolta da una sola. Un'organizzazione degli insediamenti tanto sparsa fu dettata dalla conformazione del territorio e dalla tecnica di utilizzazione delle sue risorse. Gli edifici sono generalmente tenuti in ordine, qualcuno vi è nuovo. Opere d'arte moderna, frequentemente di grandi dimensioni, sono poste nei prati, vicino alle case o presso di esse. Incontriamo solamente, in tutto il nostro andare, una coppia di escursionisti cui chiediamo lumi ma in fatto di percorsi sono più spaesati di noi. Comunque la via da noi scelta, svolgendosi prima all'aperto, poi dentro un folto di grandi faggi, ci porta effettivamente a Frasnida. L'insediamento è formato da poche costruzioni, vicinissime tra loro, dai tetti molto inclinati, particolarissimi nella maniera di essere costruiti con larghi sassi ben posizionati. Vi sono almeno due fontane, alcuni orti, e molte scritte proprietà privata, proprietà privata... Tutto è chiuso, non anima viva. Sono le 13:10, scartiamo l'idea di proseguire. Notiamo che la frazione Medalunga, dove è posta la trattoria, è lì, di fronte a noi, praticamente alla medesima quota, separata però da un vallone piuttosto profondo. Percorrere il sentiero che collega le due località, classificato con la sigla M2, è una bell'esperienza. Esso scende pian piano sul fianco del monte fino al torrente che è selvaggio, rotto da chissà quanto precipitare d'acqua, ingombro in parte da rami e tronchi sfracellati. Poi risale attraversando un bosco di faggi nel momento del massimo fulgore se si apprezzano i colori dell'autunno. Le foglie cadute rendono morbidi i passi, quelle ancora sospese sugli alberi godono della luce dorata del sole del primo meriggio. Si sbuca, al fine, in un prato prossimo alla chiesa e al municipio. Presto giungiamo alla trattoria. Sono le 14:20, nel locale, dove tutte le disposizioni per combattere il virus sono rispettate, il soffitto assai basso, come d'usanza in montagna, contribuisce ad indurre un'atmosfera calda e ovattata. Ad un tavolo ben discosto dal nostro sono seduti gli stessi signori giunti la mattina coi gipponi. Finché rimaniamo lì, solo due avventori entrano per chiedere qualcosa al banco. Prendo una polenta coi funghi che riesco a mangiare solo in parte tanto è abbondante la porzione. I miei amici assaggiano anche il brasato che, mi dicono, è proprio buono. La signora della trattoria conversa volentieri con noi. Ci dice che i residenti a Morterone, il comune più piccolo d'Italia, sono 29 ma a viverci stabilmente sono in 14. D'estate, con i villeggianti, le presenze si moltiplicano. La Trattoria dei cacciatori, che è l'unico esercizio operante nel territorio, si pone come una sorta di servizio pubblico. Loro vanno a Ballabio, o a Lecco, tutti i giorni e comprano tutto ciò che serve a tutti, residenti e villeggianti, dai giornali agli alimentari. Il sindaco non vive a Morterone ma è bravo, dice ancora la signora, tutte le domeniche vien sù. Infine ci regala, come ho già detto, una cartina dettagliata della località. Verrà utile in primavra quando contiamo di tornare. Spendiamo, in quattro, € 65,oo. Veniamo via alle 15:25. Lasciate le ultime case, poco prima che inizi la discesa, vediamo due animali che paiono camosci nel bosco. Pierluigi ferma l'auto, scende e cerca di fotografarli, non so con quale risultato. Fino a Ballabio non incontriamo che due automezzi. Poi, proseguendo, dobbiamo subire un traffico lento ed esasperante. Siamo a casa alle 15:40.



Mario Usuelli.


Insieme a me hanno partecipato alla gita Pierluigi Mora, Michela Lorenzon, Carmen Corti. 

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