RAVIZZA
Sabato 16 Ottobre 2021
Ravizza
Se, lasciata alle spalle la stazione ferroviaria, si percorra quasi per intero la via roma ad Arcore, si giunge ad un punto dove convergono i percorsi di accesso a tre grandi ville. Diversissime tra loro per molti aspetti. Di fronte, la villa Borromeo, è là sulla collina verde di prato, ben addentro al parco pubblico. Abbandonata per decenni, è stata restaurata di recente con ottimi risultati. Vuota di arredi, accessibile all'interno quando vengono organizzate visite guidate, si presta ad ospitare mostre ed esposizioni. Quelli che furono gli edifici di servizio della villa, staccati da quella e prossimi alla strada, adesso ospitano degli uffici comunali. E' possibile visitare la cappella Vela, che è adiacente a questi, solamente in qualche occasione speciale. Della villa San Martino si vedono solamente il grande cancello e un tetto in fondo al viale che porta il medesimo nome. Il personaggio che la abita non l'ha mai aperta ai comuni cittadini ma solamente ad alcuni suoi pari come, per decenni, non hanno mancato di mostrare i telegiornali nazionali. Le dimensioni del parco di villa San Martino sono apprezzabili percorrendo la strada provinciale numero 7 che lo lambisce da un lato, oppure la via Monte Bianco che ne fiancheggia un altro. Guardie armate sorvegliano gli ingressi. La via Monte Grappa, che, verso destra, incomincia da una piazzetta, si stringe presto tra muri di case. Passando con l'auto non ci si accorge di nulla ma anche percorrendola a piedi occorre essere avvertiti per notare qualcosa. L'ho fatto, di sera, con l'amico che stava scrivendo la dispensa che avrebbero studiato le guide del FAI. Vi è un ponticello, quale particolarità architettonica, che sorpassa la via. Da un lato una casa, dalle finestre chiuse, porta sul muro uno stemma difficile da interpretare. Addossato a questa, si nota un edificio più antico, che è stato un convento, probabilmente all'origine dell'intero complesso. Vi è anche un tratto del giardino ma non è quello che visiteremo. I proprietari hanno concesso la visita solamente della parte a monte della via comunale. Ma a guardare in sù, dalla via Monte Grappa, non sembra esserci un gran che di interessante. Si vedono delle strutture difficili da interpretare, tratti ridotti di collina e quasi niente altro. Una grossa torre incombe. Questa, posta sul punto più alto della città, si vede da ogni angolo di Arcore. Si sa che venne costruita verso la metà del Novecento. Che c'entra con il giardino di una villa signorile?
Stamattina gli addetti del FAI hanno collocato pochi cartelli, tanto che, parecchi visitatori, hanno faticato a trovare l'ingresso designato di villa Ravizza: un vicoletto secondario di via Monte Grappa. Davanti alla chiesetta della villa, l'unica costruzione di epoca barocca dell'intero complesso, si formano i gruppi intorno a ciascuna guida. Parte un gruppo ogni quarto d'ora. Questa iniziativa della delegazione FAI del vimercatese ha un notevole successo. Molti sono interessati a scoprire questo luogo tenuto segreto. Sorprende l'opportunità insperata di entrare, osservare, percorrere un luogo nascosto ritenuto inaccessibile. Se coloro che hanno progettato, seguendo gli scopi dei committenti, questo luogo tanto particolare intendevano stupire gli ospiti, ebbene, costoro, ci sono pienamente riusciti. Dal giardino la strada che lo suddivide, la già citata via Monte Grappa cioè, praticamente non si nota più. Quello che, osservato da là sotto, pare un anonimo ponticello, da sopra assume il ruolo pratico ed estetico di collegamento tra gli edifici della villa, il giardino inferiore e quello superiore. Le tre parti si riuniscono in un contesto omogeneo, piuttosto vasto e molto elaborato.
Qui vorrei, tra la pluralità dei temi possibili perché insiti nel sistema simbolico quale è un giardino, solamente dire della sensazione di vertigine che ho provato mentre ho, per circa due ore, percorso quello spazio inaspettato. Là ho trovato una combinazione ben riuscita di spazio reale, cioè misurabile, insieme a uno spazio costruito, organizzato, pensato per condurre lontano l'occhio dell'osservatore mediante opportuni accorgimenti di carattere scenografico. Uno spazio naturale quindi, definito e spiegato da uno spazio ideologico barocco. Curiosa è la circostanza che tutto ciò sia stato realizzato nella prima metà del Novecento seguendo i dettami dell'arte di costruire giardini propri del Seicento. Così questo giardino risale il pendio con il parterre, le statue di Ercole, Proserpina e Plutone, gli archi, le scalinate, il portico, gli spazi aperti, le siepi sù sù fino al cancello di ferro battuto che contiene il campo da tennis da dove si vedono i tetti della città. Apprendiamo che la torre ospita l'acquedotto. Oltre vi sono dei grandi alberi, parte di giardino all'inglese, che nascondono la rete che determina il confine col parco della villa Borromeo.
L'iniziativa è stata premiata da un successo pieno. Possono dirsi contenti tutti: chi ha promosso l'iniziativa, chi l'ha condivisa, chi vi ha partecipato.
Mario Usuelli.